Telcom e i suoi brevetti: la vita comincia a 40 anni

progettazione e disegno 3d prodotti in materiale termoplastico
  • Dicembre 19, 2012
  • Corriere della Sera - Mezzogiorno Economia

40 anni e non li dimostra.

Sebbene il percorso sia stato impegnativo: dal 1973 a oggi, la Telcom spa ha esportato manufatti e tecnologia nei cinque continenti, dal Sudafrica al Giappone, dal Brasile agli Stati Uniti d’America; ha stabilito accordi di royalties in Gran Bretagna, Cipro, Egitto, Ucraina; ha avviato joint venture e stretto rapporti di partnership a Boston, a Bangkok, in Germania… Sempre con grande attenzione alla tutela dell’ambiente e al trasferimento della conoscenza di tecnologia sul territorio nazionale: numerose le collaborazioni di questi anni, dall’Istituto Europeo del Design di Roma al Centro Ricerche Fiat. Soddisfatto il patron, Alfonso Casale, self-made man di successo partito da zero (prima di diventare quello che è diventata, la Telcom è stata una piccolissima impresa familiare di import-export di elettrodomestici): «I veri artefici del progetto di Telcom sono stati tutti coloro che hanno lavorato e lavorano con noi. La nostra crescita è grazie al loro valore», dice. Cuore nevralgico in Puglia, a Ostuni, e sedi in tutto il mondo, Telcom spa ha introdotto e diffuso in Italia la tecnologia dello stampaggio rotazionale applicato alla produzione di prodotti molteplici: dai vasi da giardino di elevata resistenza meccanica, ai serbatoi per alimenti, reflui e prodotti chimici in sostituzione dei vecchi serbatoi in amianto, cucce per animali, barriere stradali, elementi di arredo.

Trecento sono i brevetti ornamentali accumulati in questi anni, dieci quelli industriali, e quindici marchi registrati anche all’estero. Una speciale linea di prodotto – linea ecologica – è stata introdotta sul mercato e costituisce oggi un settore strategico per lo sviluppo dell’azienda, che conta oggi sulla forza lavoro
di 490 addetti. Il passo generazionale è stato compiuto, e anche questo è segno del tempo che passa: alle redini oggi c’è Raffaele, il figlio maggiore di Alfonso; in questi anni si è formato per essere pronto, un giorno, a raccogliere il testimone. E così è stato. Certo, suo padre è la memoria storica, oltre che punto di riferimento continuo: «Abbiamo attraversato – dice – mari tempestosi, infidi, con tanti scogli, ma siamo sempre arrivati alla nostra Itaca. A volte suscitiamo un po’ d’invidia…». Esempio virtuoso e di successo al Sud, dove chi investe spesso se ne pente: come è stato possibile? «Per decenni abbiamo lavorato senza strade, energia elettrica, gas, luce, acqua, fogna, servizi: ancora oggi siamo senza fogna e senza impianti di videosorveglianza, in una zona industriale figlia di nessuno… Abbiamo subìto una politica dei suoli che ci ha visto costretti a costruire stabilimenti in quattro siti diversi, con enorme spreco di energie e di risorse senza poter operare in un unico sito produttivo. Abbiamo dovuto affrontare una burocrazia e una pubblica amministrazione miope, inefficiente, costosa, ma siamo riusciti comunque ad andare avanti grazie al valore, alla forza e alle capacità di chi lavora con noi». Grazie anche ai reinvestimenti continui: «Siamo un’azienda che non vive di appalti o forniture pubbliche, che si è sempre finanziata reinvestendo gli utili degli anni buoni, il ricavato di vendite di partecipazione e di nostre aziende all’estero: anche grazie a ciò siamo cresciuti », spiega Casale. Fra qualche settimana saranno installati nuovi importanti macchinari che miglioreranno la capacità produttiva e permetteranno la conquista di nuovi mercati e l’incremento dell’occupazione.
«La concorrenza aggressiva la combattiamo così – dice – coltivando la creatività, innovando quotidianamente e continuando a investire nei nostri stabilimenti. Abbiamo in mente solo il bene comune, l’azienda intesa come fonte di benessere per tutti.

di Paola Moscardino